
11 Lug Scatti d’artista: Ansel Adams
“Non ci sono regole per una buona foto, ci sono solo buone fotografie.”
(Ansel Adams)
L’invenzione della fotografia fece fiorire numerosi dibattiti attorno alle finalità della pittura: questo nuovo strumento, capace di riprodurre l’oggettività delle cose, metteva in discussione la tradizionale idea dell’arte come mimesi della realtà.
Tale preoccupazione, nel corso del tempo, si dimostrò vana ed oziosa, poiché errati erano in presupposti su cui si fondava: soggettivo ed oggettivo sono due categorie troppo esclusive e limitanti da applicare sia alla pittura che alla fotografia.
Sotto il manto apparente dell’oggettività la fotografia è in grado di rivelare l’arcano mistero delle cose, il segreto che racchiude la superficie dei suoi soggetti, un segreto inavvertito e magari nemmeno cercato, una verità o contraddizione tenuta nascosta dalle apparenze.
Nella foto è insita una forte dose di soggettività: la soggettività di chi guarda e traduce i immagini ciò che guarda.
Ansel Adams, padre della grande fotografia naturalistica, fu un poeta della natura, un interprete sublime di un sentimento naturalmente non presente, se non nella sua personale interpretazione.
I suoi scatti sono quanto di più innaturale ci possa essere, prodotti della sua abilità quasi alchemica di manipolare la luce attraverso la chimica dello sviluppo.
“E’ importante rendersi conto che tanto la fotografia espressiva – detta anche creativa – quanto quella di documentazione non sono in rapporto diretto con quella che noi chiamiamo realtà. Noi, senza percepire determinati valori del soggetto, cerchiamo di duplicarlo sulla stampa. Se lo desideriamo, possiamo simulare l’apparenza in termini di valori di densità riflessa, oppure possiamo restituirla ricorrendo ad altri valori, basati sull’impatto emotivo.”
Nato a San Francisco il 20 febbraio 1902, Ansel Easton Adams è noto per le sue straordinarie foto dei parchi nazionali americani: le montagne, le rocce, il cielo, i ghiacci, la luna, le cascate, gli alberi trasformate in manifestazioni del divino.
Il suo occhio indagò gli elementi del cielo e della terra come segni di una forza superiore ed occulta, ma sempre viva e presente attorno a noi.
“Molti ritengono che le mie immagini rientrino nella categoria delle foto realistiche, mentre di fatto quanto offrono di reale risiede solo nella precisione dell’immagine ottica; i loro valori sono invece decisamente distaccati dalla realtà. L’osservatore può accettarlo come realistico in quanto l’effetto visivo può essere plausibile, ma se fosse possibile metterli direttamente a confronto con i soggetti reali le differenze risulterebbero sorprendenti.”
Come egli stesso affermava, la sua era un’interpretazione personale del mondo, un mondo dove l’ambiente naturale rivestiva il ruolo di protagonista indiscusso.
Sulla scia di poeti quali Thoreau ed Emerson, Adams teorizzava un rapporto simpatetico con la natura, il ritorno ad uno stato mitico ed arcadico lontano dalle tensioni della società moderna. Instaurò così in dialogo serrato e fitto con paesaggi dominati da alture, attraversati dalle acque, rischiarati dal chiaro di luna, sferzati dal vento: un’estetica del sublime dai toni lirici e romantici.
Un’America scolpita nei toni del bianco e nero, dove l’uomo non è presente, se non come parte integrante di questo ritrovato eden naturale: non presente fisicamente, ma armonicamente fuso con il tutto.
Con la sua straordinaria opera, Ansel Adams ci ha rivelato gli anfratti più reconditi di quella natura che, come recitava Eraclito, “ama nascondersi.”
“L’arte è una visione del mondo che penetra le illusioni della realtà. La fotografia è una delle forme di questa visione e rivelazione.
Una fotografia è grande quando riesce ad esprimere pienamente i più profondi sentimenti del suo autore nei confronti di ciò che viene fotografato, divenendo così una genuina manifestazione della sua sensibilità nei confronti della vita considerata nella sua pienezza. […]
Il mio rapporto con la fotografia si basa sulla fede nella vitalità e nei valori della natura, nelle manifestazioni di grandiosità e al tempo stesso di semplicità che ci circondano.
Io credo nella gente, negli aspetti più semplici della vita, nel rapporto uomo-natura.
Credo che l’uomo debba essere libero, spiritualmente e socialmente, che debba accrescere la propria forza interiore, testimoniando l’enorme bellezza del mondo e acquisendo una sicurezza che gli consenta di vedere ed esprimere la propria visione.
Credo nella fotografia come uno dei mezzi per portare questa testimonianza e per raggiungere infine la felicità e la fiducia.”
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